Acque reflue: cosa sono e perché riutilizzarle

Avete mai sentito parlare di acque reflue? Si tratta di tutte quelle acque, anche dette acque di scarico, utilizzate generalmente nelle diverse attività quotidiane, domestiche o industriali. Esse però, contenendo alcune sostanze dannose per l’ambiente e per l’uomo, devono essere per forza sottoposte a processi di depurazione. Interventi che richiedono un monitoraggio continuo, così da essere riversate nell’ambiente (mari, fiumi, terreni, ecc.) in tutta sicurezza.

Alcuni cenni normativi

Secondo le normative vigenti, le acque reflue possono essere raccolte attraverso fognature, acque superficiali e strati superficiali del sottosuolo

Come già anticipato, però, contenendo diverse sostanze contaminanti, a volte tossiche e dannose, devono essere depurate prima di essere reinserite nell’ambiente. Una procedura, questa, da effettuare seguendo attentamente le rigide normative italiane comunitarie, le quali hanno l’obiettivo di mantenere in buono stato la qualità delle acque.

Sulla base di quanto prevede la direttiva comunitaria 91/271/CEE, ad esempio, il D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 e s.m.i. prevede l’applicazione di un programma completo per la tutela dei corpi idricidall’inquinamento. Tra le altre cose, la normativa stabilisce un certo valore limite per la concentrazione di sostanze dannose contenute nelle acque reflue. Inoltre, prevede anche un costante monitoraggio di questi parametri, così da valutare al meglio i rischi e, nel caso, optare per l’impianto di depurazione più funzionale all’esigenza specifica. 

Come vengono classificate le acque reflue?

Acque reflue e come classificarle

Sempre rifacendoci alla normativa italiana, le acque reflue possono essere distinte in tre diversi tipi:

  1. Domestiche, ovvero provenienti da ambienti residenziali e da servizi, derivate principalmente dal metabolismo umano e dell’attività domestica.
  2. Urbane, cioè quelle convogliate in reti fognarie, anche separate, che provengono da un agglomerato o centro abitato.
  3. E infine industriali, quelle scaricate da edifici o impianti legati all’attività commerciale o la produzione di beni.

Oltre questa distinzione, poi, le acque reflue possono essere divise in altre tre categorie ben precise:

  1. Bianche, generalmente usate per raffreddare gli impianti industriali, pulire gli esterni o l’acqua raccolta dalla pioggia
  2. Nere, riconducibili agli scarichi dei sanitari, particolarmente cariche di sostanze quali detergenti, oli, sgrassanti e detersivi.
  3. Grigie, infine, ovvero il risultato delle lavorazioni delle cucine e delle lavanderie, ricche di sostanze grasse, detergenti e sbiancanti.

Acque Reflue: come funziona un impianto di depurazione?

Il punto è semplice. Le acque reflue non possono essere reintrodotte nell’ambiente senza prima aver passato un processo di depurazione. Questo perché terreno, mari e fiumi non sono capaci di ricevere una quantità di sostanze contaminanti superiore alla propria capacità autodepurativa. 

Ecco che allora si parla di trattamento delle acque reflue, proprio per riferirsi a quell’intervento di rimozione delle sostanze inquinanti da questo tipo di acque. Un ciclo che consente di raggiungere l’obiettivo dando come risultato i cosiddetti fanghi di depurazione, da trattare a loro volta per un corretto smaltimento.

Il processo avviene in appositi impianti di depurazione, costituiti da diversi apparecchi. Nello specifico, si procede in tre fasi

  1. La fase di pretrattamento, nella quale vengono rimosse parte delle sostanze organiche sedimentabili. Nel dettaglio, comprende la grigliatura, la sabbiatura, la sgrassatura e la sedimentazione primaria;
  2. Il trattamento ossidativo biologico, grazie al quale vengono rimosse anche le sostanze non sedimentabili del liquame. Nello specifico, comprende l’aerazione e la sedimentazione secondaria;
  3. E infine i trattamenti ulteriori, capaci di far ottenere un aggiuntivo affinamento del processo depurativo.

“Riutilizzare” è la chiave

Impianto di depurazione acque reflue

Perché servirebbe riutilizzare le acque reflue? La risposta è molto semplice. Per minimizzare gli sprechi e ridurre notevolmente i costi. Anche perché, nonostante molti non lo sappiano, il riciclo richiede molto meno denaro dello smaltimento

La legge stessa suggerisce tutto questo. Ad esempio, il Decreto del 12 giugno 2003, n. 185 prevede proprio il recupero e il riutilizzo di queste acque in ambienti domestici, industriali e urbani. L’obiettivo? Ovviamente la tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche, attraverso:

  • Limitazioni del prelievo dalle acque superficiali e/o sotterranee;
  • Riciclo delle acque reflue, così da favorire il risparmio idrico.

Acque che, una volta recuperate, potranno essere sfruttate in campo agricolo, per l’irrigazione; civile, per il lavaggio strade e per alimentare gli impianti di riscaldamento e raffreddamento; ma anche industriale, come acqua antincendio ad esempio.

Insomma, riutilizzare le acque reflue significa ridurre l’impatto ambientale e risparmiare a livello economico. Che dire, un’ottima arma per il futuro. Per questo, esistono già degli efficienti impianti di depurazione in commercio, pronto a favorire il raggiungimento degli obiettivi prestabiliti. 

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